Il confronto tra favorevoli e contrari al vaccino per il Covid-19 si fa sempre più aspro anche nello sport, nonostante una larga maggioranza di calciatori e atleti siano vaccinati. Resiste infatti uno zoccolo duro di scettici, una minoranza che però fa notizia e alimenta controversie. Mentre il diffondersi della variante Omicron suscita timori di possibili nuovi stop e chiusure, facciamo il punto su come il mondo dello sport professionistico si è approcciato alle vaccinazioni.
Calciatori vaccinati e non vaccinati in serie A
La serie A italiana presenta un tasso di vaccinazione intorno al 98%. Un dato altissimo, superiore a quello di molti altri campionati europei e internazionali. Il 2% mancante è rappresentato da una ventina di giocatori, di cui non si conoscono squadre e identità per ragioni di privacy.
La loro distribuzione negli spogliatoi non è uniforme: se almeno sette club affermano di aver vaccinato il 100% della squadra, spicca il caso di un team che conterebbe 5 no-vax. Sono soprattutto atleti stranieri, le cui motivazioni per rifiutare il vaccino sono le più varie. Si va infatti dalle convinzioni religiose alle pressioni fatte da una moglie particolarmente coinvolta nei dibattiti su Internet.
Premier League, non vaccinato un giocatore su tre
Situazione molto diversa in Premier League, dove invece la diffidenza nei confronti del vaccino pare essere diffusissima. A inizio dello scorso ottobre indiscrezioni parlavano addirittura di due giocatori su tre non vaccinati.
Una percentuale che sembra essere decisamente calata in seguito alle pressioni di autorità e club. Secondo recenti dati ufficiali circa il 70% degli atleti che militano nella massima serie inglese avrebbe completato il ciclo vaccinale, e l’80% avrebbe ricevuto almeno una dose.
Gli scettici sono comunque ancora tanti, con possibili ricadute sul regolare svolgimento del campionato ma anche sui Mondiali del 2022. Per decisione degli organizzatori, infatti, potranno scendere in campo in Qatar soltanto calciatori completamente immunizzati.
NBA: perché Irving non si è vaccinato
Il calcio non è comunque l’unico sport ad affrontare simili contrapposizioni. L’NBA americana conta il 95% di giocatori vaccinati, ma le eccezioni fanno rumore. Si tratta di stelle come Bradley Beal, Jonathan Isaac e, soprattutto, Kyrie Irving.
Uno dei Big Three dei Brooklyn Nets, Irving, impossibilitato a giocare le partite in casa per le disposizioni anti-Covid della città di New York, ha preferito farsi mettere fuori squadra che sottoporsi al trattamento sanitario.
Dopo la sospensione il playmaker dei Nets si è tenuto lontano dai riflettori e dai giornalisti. Persone a lui vicine hanno rivelato però alla stampa che alla base della sua scelta non ci sarebbero tanto convinzioni no-vax, quanto la volontà di approfittare della sua visibilità per essere “la voce di chi non viene ascoltato”. L’obiettivo sarebbe attirare l’attenzione sulle difficoltà di chi rischia di perdere lavoro e sostentamento a causa delle regolamentazioni e restrizioni legate alla vaccinazione.
Tennis: Djokovic salterà l’Australian Open
L’atleta col profilo più alto tra gli scettici dei vaccini è comunque Novak Djokovic, che continua a non voler rivelare se si è sottoposto o no a vaccinazione.
Già un mese fa il n. 1 della classifica ATP aveva espresso dubbi sulla sua partecipazione all’Australian Open, dove ha vinto nove volte e di cui è campione in carica, vista l’intenzione delle autorità australiane di ammettere al torneo solo tennisti immunizzati. E il dubbio si è trasformato in quasi certezza nei giorni scorsi, quando il padre del campione serbo ha definito la decisione degli organizzatori dello Slam di Melbourne “un ricatto” e dichiarato che a quelle condizioni il figlio non prenderà parte al torneo. “Novak vorrebbe competere” ha continuato Srdjan Djokovic, intervistato da una televisione serba “ma se giocherà o meno dipenderà dagli organizzatori e dalle autorità”.