L’Inter esce dalla Champions League per mano del Liverpool e oggi sui media l’espressione più utilizzata è “a testa alta”. Francamente continuo a fare fatica a comprendere questo tipo di considerazione, che viene spesso adoperata quando una squadra inferiore, perde una partita o esce da una competizione contro una compagine più forte e sulla carta favorita. Un’espressione che io personalmente non userei mai, giornalisticamente parlando, e a cui non ho mai pensato nemmeno nella mia modesta esperienza di allenatore dilettante. Quando perdo, che la mia squadra abbia giocato bene o male, prendo e porto a casa. E la prima cosa che faccio, purtroppo, è quella di abbassare per qualche istante la testa, perché il risultato non è stato ovviamente quello sperato. Poi entra in gioco la razionalità ed uscendo dal campo si alza la testa e si torna a casa. Sì, perché si è dato tutto e chi ha fatto sportivamente il massimo durante una competizione sportiva, non può che archiviare e guardare avanti alla prossima gara.
Un’espressione usata a targhe alterne
È per questo che non si comprende questa espressione “a testa alta”. Nel calcio, ma più in generale nello sport, uno solo vince, tutti gli altri perdono e i secondi sono i primi degli ultimi. Spiace poi constatare che questo concetto di “a testa alta” venga utilizzato anche a targhe alterne, a seconda dei protagonisti in questione oppure delle proprie simpatie. Tornando per un attimo all’eliminazione dell’Inter da parte del Liverpool, personalmente non ci trovo nulla da celebrare per i nerazzurri. La squadra di Simone Inzaghi lascia la Champions League dopo una prima partita persa in casa per 2-0, creando una sola occasione da gol e senza che Alisson sia costretto ad effettuare delle parate. Al ritorno, seppur vincendo per 1-0 grazie ad una rete di Lautaro, i Reds hanno sostanzialmente controllato la partita dominando il possesso e colpendo qualcosa come tre legni.
L’impressione che ho all’indomani di questa eliminazione è di un Liverpool che ha ottenuto il massimo risultato con il minimo sforzo. Non comprendo nemmeno le parole di Simone Inzaghi al termine della gara, soprattutto nella parte in cui sottolinea di aver giocato alla pari con una delle più forti d’Europa. Io non ho visto affatto un confronto alla pari, piuttosto ho avuto la sensazione di una superiorità talmente tale, che la squadra di Jurgen Klopp abbia giocato come il gatto con il topo. Al momento nessuna squadra italiana può competere alla pari con le big d’Europa, come ha confermato anche il Milan, l’attuale capolista della Serie A, che ha chiuso il girone di Champions League addirittura all’ultimo posto.
La storia la scrive chi vince
La stessa Juventus, che si dovrà giocare la qualificazione al ritorno contro il Villarreal, probabilmente l’avversario migliore che il sorteggio potesse riservare ai bianconeri, non ha molti calcoli da fare. Deve vincere e passare il turno, anche giocando male. Se non dovesse qualificarsi, nemmeno con una prestazione molto positiva, non sarebbe di certo un’uscita “a testa alta”. I giudizi nello sport sono inevitabilmente condizionati dai risultati e che piaccia o non piaccia, alla fine quelli che scrivono la storia sono quelli che vincono. Tra qualche anno, quando si leggeranno quelli che un tempo venivano definiti “almanacchi”, troveremo scritto che l’Inter è stata eliminata dal Liverpool agli ottavi di Champions League 2021-2022. La modalità dell’eliminazione, a testa bassa o alta, rimarrà un mero esercizio narrativo del tempo.
Basterebbe chiedere a campioni come Cristiano Ronaldo, che qualcosina l’ha vinta nella sua carriera e che più volte ha ribadito negli anni l’importanza del successo, indipendentemente dalla strategia con cui lo stessa si è perseguito.