Sono giorni caldi, caldissimi, per la giustizia sportiva italiana, tra tribunali italiani ed europei che potrebbero infliggere un colpo pesantissimo al prodotto calcio italiano, già ridotto ai minimi termini di suo. Tra Premier League e Arabia Saudita (l’ultimo ad essersi trasferito all’Al-Hilal è stato il 28enne Milinkovic Savic, che ha rinunciato ad un finale di carriera di un certo livello per tanti soldi), la Serie A è già stata depredata di diversi elementi di spicco e le prospettive per il futuro sono quelle di un campionato di basso livello, più giovane, dai costi contenuti, ma nel quale i campioni scarseggeranno. Anche quelli a fine carriera.
Agnelli: perché altri 16 mesi di inibizione?
Lo dobbiamo anche ad una credibilità mai così bassa come in questo momento, anche per via di una gestione della giustizia sportiva che con i codici non ha nulla a che vedere. Basti pensare che ieri Andrea Agnelli è stato condannato ad altri 16 mesi di inibizione (dopo i 24 del filone plusvalenze) per la questione stipendi-partnership-agenti. Insomma, nel filone che per la Juventus si è concluso con una multa e con i suoi dirigenti che non hanno avuto nemmeno un giorno di squalifica, grazie al patteggiamento, per Andrea Agnelli è arrivata un’altra squalifica monstre. Posto che il patteggiamento prevede uno sconto di pena e non l’annullamento della stessa, come si spiega questa disparità, ad esempio, tra l’ex presidente della Juve e i suoi ex ad e dg Arrivabene e Paratici?
Si tratta semplicemente dell’ennesima conferma del fatto che non ci sia alcuna certezza della pena, poiché le sentenze sono spesso il frutto di trattative politiche. Succede così che per la stessa violazione qualcuno se la cava con una multa, altri vengono condannati con penalizzazione in punti, per altri ancora passa tutto in cavalleria. Chi dall’estero potrebbe mai investire un euro vero (le proprietà straniere delle squadre di Serie A sono tutt’altro che mecenati) in questo baraccone? Avesse voluto, anche Andrea Agnelli avrebbe potuto patteggiare, ma l’ex numero uno bianconero ha deciso di andare in fondo tramite la giustizia ordinaria ed è per questo che oggi si presenterà al TAR contro la sentenza del filone plusvalenze e lo stesso farà per quello degli stipendi una volta esauriti i tre gradi di giudizio (farà ricorso alla Corte d’Appello Federale e al Collegio di Garanzia del Coni).
Calciopoli: Giraudo non si arrende
In questo scenario, si innestano nuovi fantasmi di Calciopoli, la vicenda che si è consumata nel 2006, ma che ancora oggi non ha chiarito del tutto alcuni aspetti dei fatti. Ricordiamo che il processo ordinario si è concluso con praticamente tutti gli arbitri coinvolti assolti, confermando ancora una volta la disparità di trattamento rispetto alla giustizia sportiva, che si basa solitamente solo sul materiale raccolto dall’accusa e che non è ancora stato provato da un dibattimento. Anche per questo motivo, non ha mai smesso di lottare Antonio Giraudo, ex amministratore delegato della Juventus.
Lo scorso 4 luglio si è tenuta dinanzi al TAR di Roma la prima udienza della causa promossa dall’ex dirigente bianconero. Quella di Giraudo è una battaglia di “sistema” che ha lo scopo di “vedere accertata la responsabilità dello Stato italiano per i gravissimi danni e pregiudizi subiti dal dott. Antonio Giraudo a causa delle disposizioni della legge 280/2003 del 17 ottobre 2003 (‘Legge che disciplina la giustizia sportiva’) la quale, nonostante il palese contrasto con i principi del diritto europeo, rimane tutt’ora vigente nel nostro ordinamento”. Nel comunicato dei legali dell’ex dirigente, gli avvocati Jean-Louis Dupont (quello della sentenza Bosman) e Amedeo Rosboch, si sottolinea che la legge in questione “conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni, violando così il principio generale di diritto UE della ‘tutela giurisdizionale effettiva’”. Per questo motivo, gli avvocati di Giraudo chiedono “in via pregiudiziale che il Tar rimetta alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità di tale legge rispetto ai principi del diritto comunitario”. “Il Tar – fanno sapere – ha deciso di trattare, in una prossima udienza che sarà fissata a breve, tale rilevante questione trasversale anche ad altri recenti e noti casi sottoposti alla sua giurisdizione”. In arrivo la svolta epocale o l’ennesima bolla di sapone?