Si è con ogni probabilità concluso con il -10 il caso plusvalenze per la Juventus. Inutile fare tanti giri di parole: la Corte d’Appello Federale ha adeguato la nuova sentenza alle rilevazioni fatte in precedenza dal Collegio di Garanzia del Coni. Di conseguenza, se la società bianconera dovesse tornare davanti all’organismo del Comitato Olimpico Nazionale, con ogni probabilità il ricorso sarebbe respinto perché inammissibile. A meno che, dalle motivazioni non emerga qualcosa di rilevante nella forma. L’impianto accusatorio, dunque, ha retto e non c’è più verso di venirne a capo davanti alla giustizia sportiva. Ci sarebbe quella ordinaria a questo punto, ma al momento non c’è sentore del fatto che la Juve possa andare al TAR. Diverso il discorso per i tesserati, Maurizio Arrivabene su tutti, che non essendo nemmeno in carica negli anni dei fatti contestati (c’era un altro al suo posto, che stranamente non risulta essere né tra gli indagati del processo ordinario, né in quello sportivo), andrà al tribunale amministrativo e chiederà ingenti danni alla Federazione.
Le prove di un processo nemmeno iniziato
Resta il rammarico per il fatto che precedenti sentenze sullo stesso argomento, anche in caso di violazioni ritenute indispensabili per l’iscrizione dei rispettivi club ai campionati (quindi potenzialmente punibili con la retrocessione), si sia optato solo per una “multina”. Questa sulla Juventus sarà una sentenza che farà scuola, oppure sarà l’ultima di questo tipo, come auspicato da più parti. Sì, perché solo dopo la sentenza della CAF molti esponenti del mondo del calcio (e non) si sono scatenati con la richiesta di una riforma della giustizia sportiva. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, sottolinea come la stessa debba affidarsi alle carte della giustizia ordinaria, omettendo una cosa importantissima: si tratta degli incartamenti dell’accusa, nel caso specifico, perché un processo ordinario non è ancora iniziato e persone nemmeno rinviate a giudizio da un tribunale, si ritrovano con pesanti sanzioni dalla giustizia sportiva. La Costituzione, che sopra di tutto sta, non permette una cosa del genere…
Minacce più o meno velate
Troppo comodo adesso chiedere che non ci siano più altri casi come questo, dopo aver danneggiato pesantemente una società, che dovrà per la seconda volta (dopo Calciopoli nel 2006) ricostruire e ricostruirsi. Tra mancati introiti della Champions League, sponsor, stadio, merchandising, brand e quant’altro, la Juve perderà circa 150-200 milioni di euro. E il perché lo ha spiegato in diretta nazionale alla radio Evelina Christillin: i rapporti con l’UEFA non sono buoni per via della Superlega, passi indietro la società torinese non ne ha fatti, quindi pagherà. Indipendentemente dagli articoli eventualmente violati del codice di giustizia sportiva (ricordiamo che le plusvalenze non sono normate, ad oggi).
La Juventus si difende?
Addirittura ora si parla di possibilità che l’UEFA riconsideri il settlement agreement sulla base dei nuovi conti del club. Eppure i conti sono sempre quelli, perché per stabilire l’irregolarità di un bilancio serve una sentenza di un tribunale, che in seguito a perizie, dibattimenti etc. certifichi l’incongruenza della contabilità presentata. Ad oggi non c’è nulla di tutto ciò, ragion per cui anche quella eventuale dell’organismo presieduto da Ceferin sarà una sentenza politica e che di giuridico non avrà nulla. Dove il terreno è molle, si scava a fondo, dice il saggio. E in questo momento la Juve è terreno fertile per chi vuole affossarla. La proprietà si è difesa in punta di diritto, ma almeno ai tifosi non ha dimostrato, esattamente come nel 2006, di voler fare la guerra a tutti i costi ad un sistema che oggi, dopo la sentenza, tutti ritengono inadeguato e tutt’altro che rispettante i diritti sanciti dalla Costituzione.
Il prossimo round è in programma il 15 giugno prossimo, davanti al Tribunale Federale per il caso stipendi-partnership-agenti. Anche in quel caso dovrebbe arrivare una penalizzazione in punti (a meno di un patteggiamento), che escluderebbe la Juventus da tutte le coppe europee, anche se vincesse le prossime due partite. Insomma, un’altra sentenza tarata sulla classifica e non sulle eventuali violazioni. Un altro plotone di esecuzione.