È una stagione ben al di sotto delle attese per la Juventus, che aveva iniziato il nuovo corso, il cosiddetto progetto basato su “un nuovo modo di vincere”, con tanto entusiasmo. Che qualcosa non andasse si era capito però già in partenza, durante la preparazione estiva, con giocatori che entravano e uscivano dalla rosa come se niente fosse. Elementi mandati fuori rosa, poi reintegrati, poi addirittura promossi a capitano, mentre il primo capitano veniva retrocesso nei gradi e infine panchinato per diverse settimane.
Tra Motta e Giuntoli vince Elkann
Thiago Motta è entrato nello spogliatoio come un bulldozer travolgendo tutto e tutti con una voglia matta di azzerare anche i fondamenti del dna Juve, con il beneplacito e la totale carta bianca da parte del direttore sportivo Cristiano Giuntoli, che a un certo punto è stato commissariato dal proprietario. È intervenuto John Elkann, infatti, ad esonerare Motta solo un paio di giorni dopo che lo stesso direttore sportivo lo aveva confermato in panchina quantomeno fino al termine della stagione.
Una società ormai da diversi anni debole e poco capace di incidere all’interno dello spogliatoio, lo ha consegnato totalmente in mano all’allenatore, che ha declassato tutti al ruolo di sudditi, abolendo persino i gradi di vassallo al capitano, la cui fascia ha cominciato a girare per lo spogliatoio, finendo anche sul braccio di ultimi arrivati come Koopmeiners. Una gestione siffatta, senza nessun intervento dall’alto a mettere ordine, ha sostanzialmente lasciato percepire approssimazione consentendo a chiunque di accendere micce di ribellione in qualsiasi momento.
Juventus, quante uscite incontrollate
È così che si è arrivati alle parole di Danilo e a quelle accuse di “progetto fantasioso” arrivate sì, dopo la risoluzione consensuale del contratto, ma pesanti come macigni sia nei confronti dell’allenatore sia del direttore sportivo. La stessa intervista di Motta (ancora oggi sotto contratto con la Juventus) poco tempo dopo il suo esonero, seppur impeccabile nei termini e nei modi, non è stata concordata con il club. Che dire poi delle parole del fratello di Teun Koopmeiners, che alla stampa del suo Paese non si è fatto problemi dire che “la gente non sa cosa succede dietro le quinte della Juventus”.
Insomma, alla Juve parlano tutti, chi entra, chi esce, chi vi rimane. Probabilmente l’unico momento di silenzio social dei calciatori è stato proprio quando è arrivato l’allontanamento dell’allenatore italo-brasiliano, perché dai post enigmatici di vari tesserati (l’ultimo quello di Conceicao) fino alla replica di Douglas Luiz addirittura a un tifoso tramite Instagram, il catalogo è pieno. Se potessimo riassumere con un titolo, direi che quello che si addice di più è: “Come non si gestisce la comunicazione di un club di calcio”. Ricordiamo che la Juventus assieme a Gucci è il brand italiano più esposto sui social network a livello mondiale, ragion per cui si tratta di un aspetto dell’azienda che va indubbiamente curato.
Controllare l’effetto social
Fino a qualche anno fa, era buona norma alla Vecchia Signora filtrare le comunicazioni social dei calciatori. Nessuna censura, attenzione, ma una sorta di controllo preventivo per evitare che qualcuno preso dal prurito alle dita si lasciasse andare a uscite tipo quelle cui stiamo assistendo di questi tempi. Certo negli ultimi anni i social network si sono ulteriormente evoluti ed è oggettivamente difficile controllare proprio tutto, ma una linea guida va tracciata. Anche da questi step passano i processi di rinascita.