Mi sarei atteso una presa di posizione forte da parte delle istituzioni calcistiche all’indomani della figuraccia della nazionale italiana in Norvegia, invece ancora una volta si parla di pirateria. Gli unici pirati che oggi contano sono gli scandinavi che ce le hanno suonate senza se e senza ma, dandoci una vera e propria lezione di calcio nonostante il maggiore possesso palla da parte degli azzurri.
Perché il presidente federale Gravina non si dimette?
Il presidente federale Gabriele Gravina non si dimette perché non si può cancellare il percorso (ovvero un Europeo vinto in maniera irripetibile, con un gruppo di giocatori esperti che oggi non ci sono più e una parte importante della componente fortuna), poi il nulla. Non è bastata nemmeno la seconda assenza consecutiva ai Mondiali per far scattare il campanello d’allarme in queste istituzioni completamente vuote e in cui le persone competenti di calcio latitano, visto che per le poltrone le scelte vengono fatte con giochi di poteri e pesi e contrappesi con poteri politici e finanziari. Non è un caso, infatti, che per la poltrona del Coni sia tornato in auge il nome di Franco Carraro (85) anni.
Ieri ha parlato l’amministratore delegato della Lega Serie A De Siervo, che si è soffermato ancora una volta sul suo cavallo di battaglia, ovvero la pirateria. Sembra che in Italia una volta debellato questo “male”, come per magia tutti gli altri problemi svaniranno. Nessuna proposta di riforma da parte sua, come del resto da parte del suo superiore, il presidente Simonelli, che ha detto di essere contrario al ritorno della Serie A a 18 squadre. Niente, si lamentano tutti dell’elevato numero delle partite, poi però non le si vogliono diminuire, dice, perché altrimenti quello spazio lasciato libero lo prenderebbe qualche altra competizione e che a sua volta ci guadagnerebbe.
Le istituzioni non vogliono risolvere i problemi
Simonelli sostiene che il prodotto calcio italiano no sia inflazionato, invece è proprio così: aumentando a dismisura il numero delle partite, le stesse hanno finito per abbassare il loro appeal e il loro valore. È una delle leggi più semplici dell’economia del resto: più un prodotto è disponibile meno vale; più scarseggia, più vale. Basta vedere i numeri dei turni giocati con tutte le gare in contemporanea: 3 milioni di telespettatori totali. “Eh ma è colpa della contemporaneità, quando c’è lo spezzatino arriviamo anche a 6 milioni”. E vorrei vedere, ogni abbonato guarda più di una partita, ma il numero dei paganti le pay TV sempre lo stesso è.
Sembra quasi di trovarsi di fronte un muro di gomma contro il quale non si può fare nulla. E così avanti tutta verso il baratro dunque, con il CT e il presidente federale Gravina che si incontreranno martedì prossimo dopo la seconda gara di qualificazione ai Mondiali per decidere il da farsi. La narrazione dello Spalletti “aggiornato” e moderno partita con lo scudetto del Napoli è finita già in secondo piano. Il tecnico toscano è già tornato il “brocco” che era all’Inter. Così vogliono i profeti del nulla e così dunque si racconta il calcio del possesso palla inutile, del “dominio” e del “controllo delle operazioni”. Pazienza se poi gli altri che non dominano e non hanno il pallone ti battono.
Ho più volte qui negli anni e anche nei mesi precedenti che il percorso intrapreso dal calcio italiano è preoccupante, con lacune tecniche, strutturali, organizzative. Nessuno se ne preoccupa e le nuove generazioni si stanno allontanando da questo sport. Se qualcuno però ha deciso di portarci a picco, io e voi purtroppo possiamo farci ben poco.