La vittoria della Juventus sul Manchester City è l’emblema che nel calcio fare gol sia l’unica cosa che conta. La squadra allenata da Thiago Motta, che ha praticamente sempre avuto più possesso palla degli avversari, stavolta ha registrato un minimo storico (31%) ma tanto è bastato per mettere a segno due reti e portare a casa tre punti pesantissimi. Per il prosieguo del cammino in Champions League, ma anche per gli step di esperienza che questa squadra deve fare per avvicinarsi alle big d’Europa. Non c’è un solo modo di giocare a calcio e quelli forti, che vincono i trofei, sono bravi ad adattare la propria strategia a seconda della gara e dell’avversario.
Una Juventus cinica e all’italiana
Fin qui, infatti, avevamo visto una Juve monotematica, mentre quella che ha affrontato il Manchester City è stata molto differente. Più bassa, posizionale e cinica nelle transizioni positive. È questo il modo di affrontare squadre come quelle di Pep Guardiola, che fanno del palleggio con qualità e con individualità top il loro punto di forza. Se ti metti sullo stesso livello e provi a giocartela a viso aperto, o hai elementi della stessa qualità, oppure finisci letteralmente tramortito. Al contrario, la gara della Juve è stata quasi perfetta, con un’attesa equilibrata, anche tanta sofferenza, ma coraggio nel ripartire in velocità sfruttando quelle poche armi a disposizione.
I singoli al servizio del collettivo
Si difende in 11 e si attacca in 11, ripete sempre come un mantra il tecnico italo-brasiliano della Juve e la vittoria contro il City è l’emblema di questo credo. Ciascuno ha svolto il suo compito in modo preciso e con applicazione, a partire da Di Gregorio che ha parato ciò che c’era da parare, passando per capitan Danilo che non si è fatto praticamente mai infilare. Federico Gatti, ormai ex capitano, ha dato comunque grinta trascinando i compagni nella vittoria dei duelli, mentre Locatelli ha fatto da stantuffo davanti al reparto arretrato, in modo da rendere più agevole il compito di controllo di Haaland. Il centravanti più pericoloso d’Europa è stato così annichilito e reso praticamente innocuo, mentre le scorribande dei centrocampisti e degli esterni sono state controllate abbastanza bene, pur con le problematiche del caso.
Tanto lavoro hanno svolto anche quelli lì davanti, da Vlahovic a Yildiz passando per Conceicao. Quando hai pochi palloni giocabili e la tua squadra è costretta prevalentemente a difendersi nella propria metà campo, assume un’importanza vitale la pulizia delle azioni tramite la tecnica e in questa occasione gli avanti bianconeri hanno fatto il loro dovere. Insomma, è stata una vittoria che probabilmente non piacerà ai puristi del calcio moderno, ma sa tanto di italianità e di maturità. La Juve ha una necessità vitale di fare questo percorso, perché la rosa è stata ulteriormente ringiovanita in estate e ha un deficit di caratura internazionale e di esperienza, qualità che si acquisiscono solamente giocando più partite di alto livello.
Il ritorno di Wes
Un postilla su Weston McKennie: rientrava da un infortunio ed è stato subito incisivo con una giocata che ai più ha ricordato la sforbiciata vincente contro il Barcellona nell’anno di Andrea Pirlo. Il texano viene spesso sottovalutato, messo sempre tra i partenti, ma poi il suo apporto nell’economia di una stagione è sempre importante.