NBA 2024-25: L’MVP di questa stagione è stato Shai Gilgeous-Alexander. Facciamo un viaggio nella sua infanzia e vediamo i valori che lo hanno spinto a diventare il giocatore attuale, un vero e proprio dominatore ed icona della lega.
La nascita di un MVP
Lo scorso 21 maggio 2025, subito dopo la serie vinta dai suoi Oklahoma City Thunder contro i Denver Nuggets di Nikola Jokic, Shai Gilgeous-Alexader viene premiato da Adam Silver come MVP (most valuable player) della Regular Season NBA.
Per Shai questo non è solo il riconoscimento di una stagione fantastica, ma anche il coronamento di un sogno che aveva fin da bambino, così come quello di milioni di ragazzi che iniziano a praticare questo sport. SGA (come lo chiamano in America, riportando le prime 3 lettere del suo nome e cognome) è divenuto così il primo giocatore canadese a vincere il titolo di miglior giocatore della lega, scrivendo anche la storia del suo paese.
L’infanzia, i Kentucky Wildcats e quel sogno chiamato NBA
Il piccolo Shai Gilgeous-Alexander nasce a Toronto il 12 luglio 1998, ed è il primogenito di un ex atleta velocista delle Olimpiadi del 1992, Charmaine Gilgeous. Suo padre, invece, Vaughn Alexander, è un ex giocatore di pallacanestro. Sua mamma gli ha da sempre insegnato qualità fondamentali come determinazione, fiducia e tenacia, mentre il papà gli ha trasmesso la passione per il basket, cercando di spingerlo alla competizione e ad una continua crescita personale.
La sua infanzia è stata segnata dal divorzio dei suoi genitori, nel 2008, a circa 10 anni. Shai si trasferisce con la madre ed il fratello minore Thomasi a Hamilton, Ontario, dove la mamma iniziò a lavorare come assistente sociale.
La sua più grande passione è sempre stata il basket. Spesso Shai ha raccontato dei pomeriggi interi passati a giocare nel vialetto di casa con la palla a spicchi, assieme a suo cugino, Nickeil Alexander-Walker, attualmente guardia dei Minnesota Timberwolves.
A 13 anni frequentava la UPLAY Canada a Hamilton, dove iniziò ad apprendere le prime vere basi tecniche e mentali, soprattutto sul pick-and-roll, grazie al suo primo vero coach, Dwayne Washington.
Il suo percorso, tuttavia, non fu tutto rose e fiori: all’inizio della scuola superiore a ST. Thomas More venne tagliato fuori dalla squadra Junior. Questo episodio lo portò ad una grande autocritica nei suoi confronti, che si trasformò in disciplina e lo spinse a migliorarsi seriamente. Nella squadra midget di Sir Allan MacNab fu eletto MVP e tutti lo ricordano come quel ragazzo che chiedeva sempre di allenarsi ogni mattina in palestra alle 6, senza mancare mai.
Dopo due anni di liceo in Canada, nel 2015 si trasferisce al Hamilton Heights Christian Academy di Chattanooga, Tennessee, per giocare contro squadre più competitive e farsi notare dagli scout. Shai credeva in se stesso, investì tutto ciò che si poteva permettere. Sapeva che un giorno tutti i suoi sacrifici sarebbero stati ripagati, sapeva che un giorno sarebbe riuscito ad approdare in NBA, realizzando il suo sogno.
Al suo anno da senior ha avuto delle medie più che discrete: 18.4 punti, 4.4 rimbalzi e 4.0 assist per match.
Dopo aver vinto l’argento con il Canada U18 a luglio 2016, Shai Gilgeous-Alexander contatta Kentucky, spinto dalla curiosità di lavorare con il coach John Calipari (colui che plasmò giocatori come Derrick Rose e John Wall). Il 31 ottobre 2016 riceve un’offerta ufficiale, che non si fa ovviamente sfuggire. Il 14 novembre 2016 annuncia pubblicamente la sua commitment a Kentucky, scegliendo i Wildcats su Florida, UNLV, Texas e Syracuse.
Nella sua prima (ed unica) stagione con i Kentucky Wildcats (2017-18) si mise in mostra, divenendo una stella della squadra e con delle medie di tutto rispetto: 14.4 punti, 4.1 rimbalzi e 5.1 assist. Lo stesso John Calipari lo definì il “cervello della squadra”, tanto che la chiamata nella NBA non tardò ad arrivare.
I Clippers ed il trasferimento ad Oklahoma
Al Draft 2018 fu selezionato dagli Charlotte Hornets come undicesima scelta, ma fu immediatamente scambiato con i Los Angeles Clippers per la dodicesima scelta, Miles Bridges, e due seconde scelte. Con 82 partite giocate su 82 chiude la sua prima stagione in NBA (2018-19) con 26.5 minuti, 10.8 punti, 2.8 rimbalzi e 3.3 assist di media.
Grazie alla sua calma (non da rookie) si è fin da subito guadagnato un posto nel quintetto titolare, dimostrando anche maturità e visione di gioco. In quella stagione ha giocato anche contro i Golden State Warriors al primo turno dei Play-Off, serie in cui Shai chiuse con 13.3 punti di media e dove brillò soprattutto in gara 4, segnando 25 punti conditi da 7 assist e 3 rimbalzi.
Il 10 luglio 2019 entra in una delle trade più importanti degli ultimi anni, tra Oklahoma City Thunder ed i Los Angeles Clippers. Shai Gilgeous-Alexander, Danilo Gallinari, 5 scelte non protette e 2 possibili swap di scelte finiscono agli Oklahoma City Thunder in cambio di Paul George, che vola in direzione Los Angeles, e che spinse a fare lo stesso percorso anche a Kawhi Leonard.
Shai non fu scambiato per mancanza di fiducia, ma come pedina fondamentale. Dopo qualche anno possiamo sicuramente affermare che la trade ha favorito più Oklahoma che i Clippers.
Shai Gilgeous-Alexander: I numeri di questa stagione
La sua crescita è stata costante con i Thunder, tanto che è riuscito a far crescere anche i suoi compagni, fino a diventare la corazzata che sono ora. Nella scorsa stagione arrivò ad un passo dal vincere il titolo di MVP, secondo dietro Nikola Jokic.
Questa stagione, però, Shai ha deciso di brillare e far vedere al mondo intero che quel ragazzino che si allenava nel vialetto di casa sua ad Hamiton ce l’aveva fatta. Finalmente il titolo di MVP è suo, ed è più che meritato. Con i suoi 32.7 punti (primo in NBA per punti realizzati), 5.0 rimbalzi e 6.4 assist Shai Gilgeous-Alexander ha trascinato Oklahoma al primo posto della Western Conference, con un record finale (e record di franchigia) di 68-14.
Grazie anche ad una percentuale di realizzazione dal campo pari al 51.9% è divenuto tra i pochissimi giocatori a superare contemporaneamente i 30 punti, 5 rimbalzi e 5 assist di media per partita con percentuali oltre il 50%, un risultato preceduto solamente da leggende come Micheal Jordan.