Lo dico subito, così sgomberiamo il campo da qualunque equivoco: non mi piace come si è arrivati a questa finale di Coppa Italia tra Juventus e Inter. Del resto siamo in Italia e la cultura del sospetto e le polemiche prevalgono al solito su tutto. Questa sera allo stadio Olimpico di Roma si affronteranno due delle quattro squadre più forti della Serie A, che storicamente hanno una grandissima rivalità. Rivalità che però spesso viene esacerbata proprio da questo contesto italico che cerca a prescindere il marcio. Le istituzioni calcistiche, in questo, purtroppo non aiutano, dando continuamente segnali di debolezza ed incapacità a dare uno scossone culturale a tutto il movimento.
La designazione per la finale di Coppa Italia
È così che si arriva alla designazione di Paolo Valeri ad arbitro della contesa, visto che il migliore fischietto italiano, Daniele Orsato, è stato escluso a prescindere dalla possibile designazione. Lo aveva anticipato l’ex arbitro Graziano Cesari a Pressing, parlando di questione culturale e di tutela, poi la designazione è stata confermata ufficialmente dai vertici arbitrali. Insomma, negli ultimi 3 anni, Orsato (reduce dalla direzione ottima di una semifinale di Champions League) ha diretto una partita dall’Inter solo una volta, a settembre 2021. Dopo circa due anni e mezzo dal celeberrimo “fallo di Pjanic”, il miglior arbitro nostrano ha diretto nuovamente i nerazzurri, che però non sono andati oltre il 2-2 a Genova contro la Sampdoria e da lì in poi non ci sono stati altri incroci contro i meneghini.
In un’altra epoca storica si sarebbe detto che c’è una società che riesce a farsi mandare gli arbitri che vuole o che riesce a non farsi mandare gli arbitri che non gradisce. Per cosa poi? Sulla direzione arbitrale di Inter-Juve di tre anni fa non si vuole qui tornare, ma quell’episodio non fu di certo l’unico dubbio della partita. È triste che lo si debba sottolineare, ma soprattutto è triste ancora dopo 36 mesi dover ripetere che l’audio del VAR non c’era e comunque l’assistente video non può intervenire sui cartellini gialli. E fa specie che l’arbitro migliore che abbiamo non possa dirigere la partita più importante, quella che assegna un trofeo, con la scusante che “ne ha dirette tre di fila”.
Che autogol di Rocchi
È una giustificazione inaccettabile semplicemente perché all’indomani di Torino-Inter, dopo aver assistito ad uno degli errori più clamorosi nella storia del calcio italiano (fallo di Ranocchia su Belotti non visto nemmeno con la VAR), il designatore dice di non poter fermare gli arbitri in questione perché trattasi dei migliori. Intanto, la cosa fa emergere una questione allarmante: all’interno del mondo arbitrale non c’è parità di trattamento, perché nei confronti di quelli meno bravi si applicano le sanzioni, nei confronti di quelli ritenuti più bravi invece no. La domanda che sorge spontanea, inoltre, è: perché se ai migliori arbitri non si può e non si deve rinunciare, perché si rinuncia al migliore arbitro nella partita più importante della stagione? Una spiegazione quantomeno ce la meritiamo, no?
Francamente non vedo via d’uscita da questa sottocultura che fa da tappo alla crescita del nostro calcio. Altro che riforme dei campionati e altre menate varie, se non si risolve prima questo problema culturale, no cambierà mai niente. E lo stiamo vedendo con la VAR, che ha diminuito in parte gli errori (molto meno di quanto si pensasse), ma anziché ridurle ha elevato le polemiche ad un altro grado di discussione. E ve lo anticipo, nemmeno il VAR a chiamata cambierebbe nulla. Intanto, perché se succedono errori come quello di Torino-Inter, o di Juve-Inter (rigore non dato a Zakaria) e Spezia Lazio (fuorigioco clamoroso di Acerbi) con l’intervento “automatico” del VAR, non vedo cosa cambierebbe con il challenge. Inoltre, vi aspetto al primo episodio nei minuti finali in cui magari le squadre hanno terminato le chiamate disponibili…