La seconda sosta per le nazionali si chiude con un vero e proprio flop per l’Italia di Luciano Spalletti. Fin troppo esaltati per il netto successo contro la modesta (seppur sempre rispettabile) nazionale di Malta, gli azzurri hanno praticamente resistito solo un tempo al cospetto di un’Inghilterra parsa indubbiamente superiore. Inutile girarci attorno, perché sebbene ci sia una molto discutibile decisione arbitrale, che avrebbe potuto lasciare gli uomini di Southgate in 10, il resto del match è una sentenza inappellabile.
Il modello Napoli non funziona in nazionale?
I commenti, al solito, sono totalmente privi di equilibrio nel post partita a caldo, così come il giorno dopo a freddo. “È un’Italia che cammina”, “gli inglesi vanno al doppio della nostra velocità”, “non abbiamo idee”, “i giovani che abbiamo non sono forti”, “ci sono troppi giovani in campo”, “anzi no, ce ne sono troppo pochi”… Come cambiano le narrazioni sulla base dei risultati non è vero? Fino a pochissimi mesi fa l’attuale ct della nazionale faceva giocare il Napoli in maniera spettacolare e il suo preparatore atletico li faceva correre come le squadre di Premier League. Improvvisamente non ne sono più capaci?
Tutt’altro, è che nel calcio i risultati dipendono da tanti fattori e spesso si creano delle alchimie in situazioni particolari che poi non si ripetono altrove. La verità è che ieri sera la nazionale italiana ha provato a reggere con l’organizzazione alla superiorità degli inglesi, ma alla lunga la qualità nettamente superiore degli uomini ha preso il sopravvento. Come succede nel 90% delle partite di calcio. Un centravanti forte come Kane, l’Italia non lo ha; la difesa della BBC l’Italia non l’ha più; un 2003 del livello di Bellingham in Italia non esiste. Possiamo stare qui a parlarne per secoli, ma è una questione di categorie, non di età. Mettere in campo ancora più giovani non serve automaticamente ad alzare il livello della formazione, se gli stessi giovani non sono già pronti e forti.
Gli endemici problemi del calcio italiano
L’Italia rispecchia semplicemente il momento storico del nostro movimento calcistico, che sta attraversando una crisi globale. Che si tratti di Roberto Mancini o Luciano Spalletti, in alcuni ruoli i ct azzurri non hanno mai avuto nella storia recente grande scelta. Basti pensare ad esempio all’attacco, che sta vivendo u carenza endemica di talenti, ma anche il ricambio generazionale in difesa e centrocampo non sembra al momento avviato verso un livello qualitativo elevato. I vari Bonucci, Chiellini, Jorginho, Verratti da chi sono stati sostituiti? Ci sono buoni calciatori in Italia, che possono ancora migliorare tanto, ma al momento sono lontani dall’essere i campioni che invece popolano le selezioni delle altre big d’Europa e del mondo.
Del resto, il calcio italiano in generale boccheggia, tra diritti televisivi per i prossimi anni ancora invenduti per via delle offerte al ribasso. Inoltre, sempre più campioni presenti in Serie A si trasferiscono all’estero per via della differenza abissale dal punto di vista economico che vige ad esempio con campionati come quello inglese o arabo. Il governo del calcio sta cercando vie d’uscita senza però averne ancora trovate, tra una giustizia sportiva che condiziona le classifiche a campionati in corso e altri “spot” tutt’altro che encomiabili per il nostro movimento. Non è un caso, infatti, che lo stesso presidente federale, evidenzi a pochi giorni dall’assegnazione degli Europei 2032, in coabitazione con la Turchia, che siamo già indietro nella preparazione delle strutture. Anche sul tema stadi siamo carenti, insomma, e l’immagine attuale del nostro Paese non riesce ad attirare grandi investimenti dall’estero. Voi se foste un magnate straniero, mettereste i vostri soldi in questo calcio malato oppure li portereste di corsa altrove?