Dopo Milan, Lazio e Napoli, anche l’Inter è fuori dalla Champions League e così, a partire da oggi, la massima competizione internazionale non ha più nessuna rappresentante italiana in gara. I rossoneri hanno detto addio alla “coppa dalle grandi orecchie” direttamente ai gironi, retrocedendo in Europa League, mentre campani e nerazzurri hanno pagato il doppio confronto degli ottavi contro due spagnole, Barcellona e Atletico Madrid, che sono tutt’altro che le squadre irresistibili che abbiamo avuto modo di ammirare nella recente storia passata.
Insomma, ora a provare a tenere alto il tricolore saranno le compagini nostrane impegnate in Europa League (oltre ai rossoneri ci sono Roma e Atalanta) e la Fiorentina in Conference League. In attesa degli impegni di queste ultime, non possiamo non fare un bilancio relativo alla Champions League, che ha dato grandissime delusioni al movimento calcistico italiano, in controtendenza con quanto avevamo visto lo scorso anno. E a questo punto, qualcuno ci dovrebbe anche dare delle spiegazioni, perché se è vera la narrazione dello scorso anno, più di qualcosa non torna.
Percorso di anni già interrotto?
Quando, infatti, le compagini del Bel Paese sono arrivate praticamente in fondo a tutte e tre le coppe europee, al termine della stagione 2022-2023, gli esponenti di spicco della Lega Serie A ne hanno parlato non come di un evento sporadico, bensì della prova provata della rinascita del prodotto calcio nostrano. Mentre il sottoscritto predicava calma ed equilibrio, dal “palazzo” del governo pallonaro partivano le grandi celebrazioni: “saliremo sul tetto del mondo”, “sono risultati frutto di un grande lavoro durato anni”, “la Serie A è già più competitiva della Premier League”.
Le favole non sono cicli
Niente di tutto ciò era ovviamente vero e la realtà ci ha presentato il conto, peraltro molto salato. Il campionato italiano è lontano anni luce per disponibilità finanziaria, organizzazione, prestigio e tutto il resto del cucuzzaro rispetto alla Premier League. Se ci fosse stato davvero un percorso durato anni, gli effetti non sarebbero di certo durati un solo anno. La competitività a livello internazionale, infatti, si valuta sul lungo periodo e non di certo su exploit che possono accadere nella storia dello sport. È stato un exploit sporadico la vittoria degli Europei da parte della nazionale italiana, che subito dopo non si è qualificata ai Mondiali per la seconda volta di fila. Ed è stato allo stesso tempo un episodio isolato la vittoria dello scudetto da parte del Napoli, una favola simile a quella del Leicester.
Il calcio si evolve, l’Italia rimane indietro
Per cerare un ciclo vincente a livello nazionale e internazionale ci vuole molto di più ed è un vero peccato che chi dovrebbe guidare la rinascita di una delle principali aziende del Paese non lo capisca. I risultati delle coppe passate, ci avevano narrato, avrebbe aumentato il valore dei diritti TV della Serie A e così non è stato. Non ne azzeccano una nemmeno per sbaglio e così è davvero difficile intravedere un futuro roseo. L’industria del calcio e dello sport ingenerale sta cambiando, così come diversi sono gli utenti cui ci si rivolge, visto che le nuove generazioni tendono ad optare per i contenuti fruibili rapidamente, piuttosto che gare, partite o anche film che hanno durata più o meno lunga.
La verità è che non c’è “bel gioco” che tenga non siamo pronti come Paese e come movimento calcistico a questi cambiamenti. Non ne abbiamo la cultura, le persone competenti e le strutture. Continueremo a vivacchiare, insomma, inattesa magari di un altro exploit che ci farà gridare al miracolo e ad una fatua rinascita che non esiste.